Il racconto delle uova

11 ottobre 2013 § Lascia un commento

o Del mettere in prospettiva con anni di ritardo

Parte II

Suona il telefono, è Joel.

– Esci sta sera?

– Chi siamo?

– Bah, i soliti…

– mmm… e dove si va?

– Pensavamo in quel locale dall’altra parte del fiume, sta sera c’è un gruppo che suona. Ma perché, c’è qualche problema?

– Nono, nessuno. Ci vediamo dopo.

La luce di camera sua è spenta: benissimo. Se n’è andato a Lisbona.

Stavamo bevendo fra chiacchiere spensierate che ci avrebbero riportato a casa alticci e contenti quando l’inevitabile si dipana di fronte ai miei occhi. Eh sì, cari lettori attenti. Quella sera c’era il concerto del fake-alternative a teatro e la supposizione dell’io-narrante di poche righe fa (“La luce di camera sua è spenta: benissimo. Se n’è andato a Lisbona”) era sbagliatissima.

Offre un giro a tutti e inizia a parlare in modo disinvolto e continua a guardarmi e

– C’è una festa di compleanno vicino alla Sé, ci andiamo?

E via, tutti che ci spostiamo per andare nella classica casa erasmus costantemente piena di gente, alcool e canne dove tutti si divertono e anche io mi sento quasi socievole e mentre sono seduta a chiacchierare di cose random con questo tizio che si è fumato troppe canne per stare davvero a sentire quello che gli sto dicendo

ti siedi vicino a me e inizi a guardarmi e io nemmeno mi accorgo che una scarpa mi sta scivolando via dal piede e tu me la rimetti e mi sfiori il piede, ma chi sei? Quentin Tarantino, per dio?

E torniamo a casa insieme. La mia ascia di guerra non c’è nemmeno modo di seppellirla perché con tutta probabilità me la sono dimenticata da qualche parte nella casa erasmus dopo il quarto gin tonic. E in casa tua sbattiamo dappertutto e continuiamo a ridere e tu continui a tenermi le mani e

lo senti anche tu l’armageddon che sta per arrivare, vero? Lo senti il giorno dopo, quando a sbornia passata e col mal di testa incipiente mi dici che a Lisbona non ci torni più per davvero – sta volta – e scendi a prendere il latte dal signore della bottega all’angolo che con tutta probabilità sarà disperato perché le uova stamattina sono impazzite: rotolano giù dagli scaffali con la precisa volontà si suicidarsi.

Lo senti, EH?

I popoli inetti

1 luglio 2012 § 1 Commento

– “Signorina, le lascio il mio indirizzo e-mail così potrà inviarmi gli atti del convegno”.

ed è subito SPAM per sempre, idiota patentata.

– “Posso lasciare qui la mia valigia durante la pausa?”

– “Può, ma non rimane nessuno qui durante la pausa”

– “Nemmeno lei?!”

– “No.” (solitamente anche io mangio, guardi un po’!)

– “E come faccio?”

– “La lasci. può lasciarla. Probabilmente però la lascia per sempre.”

<si ringraziano i professori che hanno riso, lasciando la signora un tantino stizzita>

– “Pensavo di fare un regalo ironico e originale al Professor P. e pensavo che lei, signorina, potesse aiutarmi. Mi consiglia un mazzo di fiori o una bottiglia di vino?”

Le consiglio il suicidio.

– “Hanno notato tutti che c’eri sempre, anche quando non servivi”

Se vi chiedono di “dare una mano” durante un convegno, accertatevi di due cose: il concetto altrui di mano; il compenso che riceverete in cambio. Insistete soprattutto sulla seconda questione, il compenso. Sì, perché pare che con la scusa che c’è la *crisi economica*, le persone si permettono di chiederti di lavorare gratis. E se provi a dire “sì, d’accordo, però solitamente queste prestazioni vengono pagate”, ti rispondono che tu non hai esperienza e che dovresti ringraziare il cielo che ci sia qualcuno che ti dà l’opportunità di imparare – gratis – un lavoro. *esperienze formative*, le chiamano.

Fanno i radical chic che hanno studiato Marx e compagnia bella per tutta la vita. Per cui non fa niente se non sanno accendere le cuffie per sentire la traduzione in simultanea che qualche anima pia sta facendo, gratis, per loro. Disquisiscono di tematiche teoriche rilevanti, per cui possono permettersi di guardare con spocchia “l’inserviente all’entrata”. Hanno fatto il ’68, per cui le divise, le cravatte e i cartellini non li vogliono – troppo fascisti. Però l’autorità per farti capire che sei una studentessa e lì devi stare, quella sì che la usano.

Adesso, scusate, ma sono troppo impegnata a pensare che fra poche ore potrei morire, dato che prenderò un aereo.

Dove sono?

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